Ciao Ermanno
il !6 aprile sono 20 anni che Ermanno Azzali ci ha lasciato; ma chi era e cosa è stato Ermanno per Cena? Ce lo racconta Massimo.
Ermanno ci manca da 20 anni, ma è sempre fra noi.
Come alcuni ricordano, una delle frasi che Ermanno usava come intercalare -ci sembra di sentire ancora la sua voce profonda- era: “Tempi duri per i troppo buoni”. Non era una citazione colta, veniva da un Carosello dei Biscotti Gran Turchese ma si attagliava molto bene a Ermanno, alla sua ironia e ai nostri Ospiti, i “troppo buoni” (oggi si direbbe i “fragili”), persone che si erano sfarinate proprio come biscotti e a cui Ermanno, “Ozzo” per gli amici, ha dedicato buona parte della sua vita.
Ma chi ha avuto l’onore di lavorare con lui ricorda soprattutto in modo nitido la sua potente “visione”. Ermanno è stato capace, infatti, di guardare molto vicino, ovvero al suo prossimo, alla singola persona che aveva di fronte, ma anche molto lontano, aprendo strade nuove con intuizioni lungimiranti. Lo ha fatto in primis ispirando con la purezza dei suoi gesti e delle sue scelte intere generazioni di volontari, obiettori di coscienza, scout, ma soprattutto contribuendo a cambiare la cultura, la retorica e perfino la fraseologia che riguardava le persone senza dimora nella città di Milano.
Poi il suo rapporto con gli Ospiti. Ermanno non “cambiava la vita” per magia alle persone ma di certo ha saputo coniugare umanità e competenza e soprattutto ha capito prima di tanti altri alcuni fattori fondamentali del processo di aiuto e reinserimento. Primo: le persone non cambiano solo perché gli si offre un tetto o un pasto caldo, le persone cambiano se si crea una relazione reale in cui si offre loro pari dignità, tempo, attenzione e in generale le condizioni perché nella persona stessa nasca la voglia di cambiare. Secondo: nessuno ce la fa da solo, ma è necessario strutturare una rete d’aiuto che comprenda i servizi di salute mentale e contro le dipendenze e gli altri strumenti del pubblico, il calore dei volontari, un percorso ben illuminato e definito, che metta in conto anche difficoltà e ricadute. Terzo: anche il fattore personale è importante. Ermanno, anche quando sembrava distaccato, in realtà comunicava agli Ospiti (e ai volontari) forza e fiducia, con le sue parole, nette, severe, a volte anche “grosse”, ma soprattutto traspariva il suo desiderio di scardinare i pregiudizi verso le persone emarginate per dare loro una nuova possibilità.
Curioso e generoso, Ermanno -oltre a strutturare il Centro di accoglienza residenziale e il Diurno di Cena dell’Amicizia- ha incoraggiato la nascita e lo sviluppo di altri progetti innovativi, come il giornale di strada Scarp de’ tenis, l’associazione Avvocati per niente, l’evento Notte dei senza dimora, tutti lasciti preziosi. Un uomo del fare e, se necessario, del disfare. Sanguigno, istituzionale quando necessario, ma mai prono alle logiche della politica. Rispettato da tutti e in qualche caso temuto, per il suo carattere burbero.
Quando l’ho conosciuto nel 1985, non sospettavo che la Cena dell’Amicizia avrebbe rappresentato per i successivi 37 anni una parte rilevante della mia vita e uno “stile” che ho cercato di portare sempre con me. Ed Ermanno è stato importante, per me come per tanti altri.
Massimo, volontario ed ex-obiettore