20 Aprile: insieme per ricordare Ermanno Azzali

Ieri sera abbiamo ricordato Ermanno Azzali nel 20esino anniversario della sua morte.

Alle 18.00 si è svolta la santa messa celebrata da Don Virginio Colmegna e da Don Marco Recalcati, due sacerdoti che sono stati molto vicini a Ermanno e a seguire siamo scesi in un salone parrocchiale per condividere i ricordi su Ermanno e la nascita e crescita di Cena.

Per l’occasione abbiamo aggiornato un video preparato per i 20 anni di Cena dell’Amicizia, che potete vedere sulla nostra pagina YouTube

Le persone che hanno preso la parola per parlare della loro amicizia con Ermanno sono state tantissime ma una di loro, Aurelio, aveva scritto il suo racconto e questo ci permette di condividerlo:

Ho conosciuto Ermanno circa 50 anni fa quando aveva 30 anni ed era appena iniziata l’avventura di Cena di cui tutti hanno ampiamente parlato. Vorrei provare ora a ricordarlo come uomo nella sua vita quotidiana al di fuori di Cena, attraverso episodi e ricordi che mi tornano alla mente quando penso a lui. Lavorava in una ditta di distribuzione di materiale elettrico gestita dal papà di Angelo Nastasi, ed anche sul posto di lavoro, ufficio acquisti e vendite al centralino, trattava acquirenti e venditori con lo stesso cipiglio, allo stesso tempo rude e delicato, e con lo stesso linguaggio, che oggi si direbbe colorito, con cui trattava gli ospiti, e con cui si rapportava anche con i volontari e gli obiettori di coscienza di Cena.

Viveva con la mamma anziana in Via Morosini in un casa che gestiva lui in totale autonomia, chiedendomi solo saltuariamente di intervenire su piccole riparazioni; in casa si tenevano poi i consigli direttivi di cui a mia memoria ho sempre fatto parte, credo che Giorgio Trojsi si ricordi bene questi incontri; nella stessa casa si tenevano anche incredibili partite di Bridge a cui partecipava sempre la sua mamma, esperta giocatrice, mi aveva perfino regalato un libro sul Bridge che ho tuttora, perché potessi imparare qualche cosa; immaginate quanti improperi ho ricevuto per la mia incapacità a questo gioco. Oltre a queste partite, c’era anche il così detto Panighetti, partite a carte tresette ed altro, che si svolgeva in Via Villani a casa di Don Franco o altrove con Marco , Beno, Marinella ed altri, partite che duravano all’infinito se il giorno dopo era un festivo.

Don Franco e Angiolina erano gli “angeli custodi“ di Cena in Via Villani , nel senso che lo aiutavano nel gestire Cena sia materialmente che moralmente ed anche con loro era un’altalena continua di burbero ed affettuoso.

Le gambe di legno e un occhio di vetro erano per lui diventati motivo di scherzi incredibili, passare dal dire al fare con il detto “metti le gambe in spalla” è stato attuato più volte così come pulire il suo occhio di vetro posandolo sul tavolo perchè secondo lui era un po’ appannato ed andava pulito.

All’inizio c’era Luky, il cane lupo per antonomasia, devoto al padrone che lui adorava trattandolo come un figlio ma anche strapazzandolo, facendolo correre di fianco a lui in bicicletta o in motorino con qualsiasi tempo, già Massimo ha riferito che anche se pioveva non c’erano problemi perché gambe e i piedi non potevano bagnarsi. Lucky poi, doveva correre per definizione, perché lui aveva quattro zampe ed andavano usate il più possibile. Cane nel contempo un po’ a difesa del suo padrone ma anche così mansueto da lasciarsi infilare nelle narici una spina elettrica che mio figlio Pietro di un anno gli infilava nel naso pensando fosse una presa.

Budrio, paese dell’Emilia dove “gestivano” le sue protesi, nel senso che regolarmente andava nella loro officina per sistemarle e/o cambiarle perché si consumavano molto prima dei tempi previsti dalle Asl ed anche con gli infermieri che gli facevano presente questo problema, c’era il solito trattamento misto burbero/affettuoso, lo stesso, così ben raccontato da altri, che utilizzava nei rapporti con gli ospiti, volontari ed obiettori di coscienza; credo cha Antonio Papi si ricordi ancora oggi un suo viaggio con il furgone di cena per portare “Ozzo” a Budrio quando per un sobbalzo, l’ultimo cane di Ermanno, Marta, una cagnolina con tre sole zampe, venne sbalzata fuori dal finestrino.

Ecco, Ozzo, era il soprannome con cui molti lo chiamavano e non ho mai capito da dove venisse, al posto delle mani aveva delle morse, sviluppate quando da giovane utilizzava la carrozzina e doveva fare affidamento solo su mani e braccia, mani da cui tutti dovevano guardarsi quando voleva salutarti dandoti la mano.

Ricordo anche una Fiat 600, di non so più chi, che lui ovviamente senza patente, ha voluto assolutamente provare a guidare in via Villani in un giorno di pioggia, gestendo i pedali di freno e frizione con le sue gambe, lascio alla vostra immaginazione il risultato del tentativo, mai poi più tentato.

Una biro verde, anche questa era una sua fissazione, scriveva tutto con questa biro per vedere quanto durasse la cartuccia dell’inchiostro e riusciva anche ad esaurirla prima di perderla o romperla; ho tenuto via alcune lettere che mi ha scritto con l’inchiostro verde così come ricordo e credo che anche molti obiettori ed ospiti le abbiano ricevute.

La cucina poi, come si può anche notare leggendo il libro di ricette di Cena, era un altro punto critico, mettere Ermanno in cucina era come vedere un vulcano in eruzione in mezzo al vapore, per non parlare poi dei condimenti buttati a profusione nel pentolone; non era da meno poi quando diceva che avrebbe pulito lui i bagni di via Villani, cascate d’acqua e candeggina inondavano i locali con problemi per tutti ad esclusione dei suoi piedi che erano sempre asciutti, aveva poi una capacità innata di trovare sempre qualche cosa di non pulito o fuori posto dopo che volontari e obiettori erano passati a pulire i vari locali. 

Questo suo modo di affrontare la vita, ostinato, burbero, sensibile, disponibile, curioso, generoso, umano nei rapporti, concreto nella soluzione dei problemi, solidale con chi soffre o ha dei problemi, credo sia stato quello che gli ha permesso di realizzare tutto ciò che abbiamo ancor oggi sotto gli occhi e che continua a dare frutti.

Da ultimo, l’Ospedale dove era ricoverato; anche lì con il personale era il solito cinema e dove, prima di andarsene, mi ha detto che era un po’ stanco e che forse quella volta non era sicuro che sarebbe riuscito a risolvere anche quel problema. Uno degli ultimi giorni, mi ha detto che confidava in me chiedendomi, se ne avessi avuto voglia, di prendere per mano Cena, pur sapendo che io ero una persona normale e non speciale come lui, tanto, come spesso diceva, c’è “sempre la Provvidenza” che può darti una mano, per cui non ti preoccupare Aurelio.

Ciao caro amico e grazie, mi manchi ancora oggi dopo 20 anni.

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