Noi facciamo housing first?No, ecco il perché
Hai mai sentito parlare di Housing First come risposta alla grave emarginazione?
Letteralmente Housing First significa “prima la casa” e in effetti il punto di partenza di questo progetto è un passaggio diretto della persona senza dimora dalla strada alla casa mentre i modelli tradizionali prevedono un percorso graduale verso l’autonomia abitativa attraverso pasasggi intermedi quali i dormitori, le seconde accoglienze, gli alloggi protetti.
Sviluppato dal Dr. Sam Tsemberis a New York negli anni Novanta, questo modello si è rivelato di successo nei tentativi di risolvere la condizione di senza dimora di persone con disagio multi-fattoriale negli USA, in Canada ed in molti paesi europei incluso, negli ultimi 10 anni, l’Italia
In pratica, le persone con anni di vita in strada ricevono dai servizi sociali territoriali l’opportunità di entrare in un appartamento autonomo “senza passare dal dormitorio” godendo dell’accompagnamento di una equipe di operatori sociali (supported housing) direttamente in casa.
La premessa sostanziale all’avvio di questo tipo di modello di intervento è il riconoscimento della dimora come diritto umano di base. I Progetti di Housing First sono dunque progetti nei quali l’inserimento abitativo è perentorio e non legato a trattamenti terapeutici o finalità di inserimento lavorativo ma è rivolto a persone gravemente svantaggiate ovvero persone senza dimora croniche con disagi fisici e psichici anche legati ad anni di vita in strada per le quali la casa rappresenta un bene primario e un primo passo verso la costruzione di una integrazione sociale. In questi casi spesso l’inserimento lavorativo può non essere previsto perché non ne sussistono le condizioni (salute precaria, disturbi psichici, problemi relazionali, low skills) oppure può essere di tipo light (piccoli lavori e lavoretti) o ancora legati a tirocini o attività di volontariato svolte presso le stesse strutture ospitanti.
Perché Cena dell’Amicizia non ha aderito a questo modello?
Cena dell’Amicizia fin dalla sua nascita si è concentrata su percorsi di reinserimento lavorando sempre più in collegamento con servizi sociali, sanitari o con enti ed associazioni che operano “sulla strada”.
Tecnicamente i nostri sono Centri di “Secondo Livello”, che quindi utilizzano con efficacia il metodo “a scalini” accogliendo persone che hanno almeno parzialmente accettato di essere aiutate per cambiare la loro situazione di vita.
Nonostante siano persone che magari hanno soggiornato per strada o in condizioni estreme per 10 o più anni della loro vita, hanno conservato un minimo livello di desiderio di uscita dall’emarginazione su cui noi ci agganciamo per costruire un vero cambiamento esistenziale.
Così riusciamo ad intercettare persone con gravi traumi, donne uscite da anni di maltrattamento familiare, persone con problemi di alcoldipendenza o affette da difficoltà psichiatriche, ma anche persone appena giunte in una situazione di marginalità, tutti però con un minimo livello di motivazione a stare meglio.
Il progetto housing first, invece, interviene principalmente su persone che stanno vivendo in strada, i cosidetti irruducibili, coloro che non accettano alcuna proposta di inserimento nemmeno nei dormitori.