Volontarie “figlie d’arte”

Margherita e Maddalena non sono sorelle ma hanno in comune una esperienza molto particolare; sono figlie d’arte! I loro genitori sono stati volontari di Cena dell’Amicizia e sono riusciti a trasmettere in famiglia la passione per il volontariato.

Ma lasciamo a loro il piacere di raccontare le loro esperienze.

Margherita

Mio padre mi raccontò spesso, di alcuni episodi della Cena e di quanto passasse con gli ospiti piacevoli serate in compagnia. Mi ricordo di un ospite in particolare, che seguiva anche al di fuori della Cena del Martedì. Andava a trovarlo a casa e lo accompagnava agli incontri degli alcolisti anonimi. Era una persona di una certa età che parlava il milanese e a mio padre faceva piacere, imparare i proverbi che lui gli insegnava. Tutt’ora è in contatto con alcuni ospiti che sente telefonicamente. Le sue storie mi hanno sempre incuriosita, ed è per questo che ho voluto anche io provare questa esperienza.

Cena dell’Amicizia per me è diventata una seconda famiglia. Mi ha aiutata a crescere. Ho iniziato circa due anni fa, in quanto, per via dello scoutismo dovevo fare un’esperienza di “Servizio”. Così, spinta principalmente dall’esperienza di mio padre decisi di iniziare questo percorso. Ricorderò per sempre le prime volte, non conoscevo nessuno e non sapevo bene come comportarmi. Inizialmente ero molto timida e imbarazzata quindi le prime volte sono state difficili. Dovevo relazionarmi con persone molto più grandi e pensavo di non esserne all’altezza. Ci si ritrova seduti in un tavolo, con di solito 4 o 5 ospiti e ci si chiede cosa fare: gli faccio delle domande? Resto in silenzio? Tiro fuori un argomento?

E invece nella maggior parte dei casi, le domande te le pongono proprio loro. Vogliono sapere tutto: scuola, interessi, sport, fidanzati. Così ho iniziato ad approcciarmi a loro, e di volta in volta ho avuto la possibilità di conoscerli. Ho imparato tanto da ciascuno di loro. Ho imparato ad ascoltarli, a mettermi a loro disposizione, a interagire con loro. È toccante ascoltare le loro storie, venendo a contatto con una realtà completamente diversa dalla tua. A distanza di 2 anni, il mio rapporto con loro è molto migliorato. Mi sento parte di una grande famiglia, composta da ospiti e volontari con la quale il martedì sera si cena insieme.

Cena mi ha insegnato a mettermi al servizio degli altri. Ci sono dei turni nei quali i volontari hanno il compito di cucinare, servire e lavare i piatti. Tra una cosa e l’altra, ci si siede al tavolo con gli ospiti per chiacchierare. Con alcuni di loro sono in contatto telefonicamente. Mi manca molto sedermi a tavola con loro.

Mia mamma e mio papà attualmente sono volontari al Centro Maschile e anche io un paio di volte, mi sono recata a passare la serata con gli ospiti del Maschile

Sicuramente non mi aspettavo di essere accolta cosi benevolmente, sia dai volontari che dagli ospiti e li ringrazio tutti. È un’esperienza davvero significativa, che continuerò a svolgere!

Maddalena

Conosco Cena dell’Amicizia da sempre, i miei genitori hanno iniziato a vent’anni circa e anche quando siamo arrivati io e mio fratello hanno continuato per molto tempo.

Cena ha sempre fatto parte della nostra vita. La nostra gattona ad esempio prima di arrivare in casa nostra apparteneva alla mitica Luisa, una signora che i miei genitori seguivano anche gli altri giorni della settimana, e io e mio fratello pur non avendola mai incontrata, possiamo dire di sapere molto di lei. Papà ci raccontava infatti della sua vita come una specie di racconto magico, di come questa signora fosse alquanto particolare. Viveva fuori dagli schemi, in una casa che probabilmente assomigliava piu’ ad un antro, e aveva adottato una micina bianca e nera con cui condivideva ogni cosa. Una sorta di orchessa gentile.

E così è stato anche per altri ospiti, che sin da piccoli hanno abitato le nostre vite come i personaggi di una favola. C’era Ida senza denti, di cui avevo timore perché assomigliava in tutto e per tutto alla strega di Biancaneve. C’era Armando, che un po’ zoppicante col suo bastone veniva a trovarci sotto casa. O ancora Giovanni, un signorotto basso dal cuore d’oro che parlava una lingua strana, che col tempo ho capito essere dialetto siciliano. Insomma gli ingredienti per una buona storia c’erano tutti.

Poi crescendo ho imparato che questa favola aveva anche un lato piu’ oscuro, fatto di disparità sociale, povertà e solitudine. Tutti aspetti che non ero riuscita a cogliere da subito perché sovrastati dalla luce e dalla ricchezza di queste persone, che nella loro semplicità erano in grado di dare tanto.

In Cena dell’Amicizia queste persone hanno ritrovato il piacere della relazione che avevano perduto. È con questa consapevolezza che ho cominciato ad avvicinarmi alle attività di Cena, diventare volontaria è stato un passo quasi naturale. Io ho avuto la fortuna di avere due genitori che sin da subito mi hanno trasmetto il valore dell’empatia, dell’altruismo, ma sono convinta anche che si tratti di valori innati che ognuno di noi, magari inconsapevolmente, possiede.

Ed è da questa convinzione che nasce l’idea per cui il volontariato non è qualcosa che si fa, è qualcosa che si sente. È considerare che, tolte tutte le categorie imposte dalla società, il valore piu’ grande e assoluto è che siamo tutti esseri umani.

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